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Chiesa di Santa Ruba San Gregorio D’Ippona

A pochi chilometri dal centro urbano di Vibo Valentia si trova la chiesa comunemente denominata Santa Ruba. In realtà la chiesa è dedicata alla Madonna della Sanità e si pensa che il nome Santa Ruba derivi da Santa Rupe, riferendosi alla rupe su cui essa sorge. Sulla sua origine si è dibattuto per anni, ma, secondo recenti scoperte, pare che un documento testimoni che nell’anno 1610 il notaio Ottavio Giovane fece richiesta per la costruzione della chiesa, al Viario Generale dell’Abbazia benedettina di Mileto del tempo, Giovanni Andrea Strati. Dal documento si evince la richiesta della creazione di un oratorio che sarebbe dovuto sorgere sul luogo denominato “Santa Ruba”, sullo stesso luogo non c’era alcun edificio sacro preesistente e, infine, la chiesa doveva servire per le popolazioni dei casali viciniori. Alla richiesta del notaio segue la risposta da parte dell’Abate Strati, Vicario Generale dell’Abbazia di Mileto, contenente la licenza di costruzione. La chiesa fu popolata dai monaci basiliani fino al 1908, quando, in seguito ai danni dovuti al terremoto, questi ultimi dovettero abbandonarla. Per anni rimase in rovina, fino al suo restauro e alla riapertura alle funzioni religiose avvenuti nel 1977. Intorno alla chiesa è nata anche una leggenda secondo la quale la chiesa fu fatta costruire dal Conte Ruggero il Normanno per farsi perdonare, dal Papa suo fratello, un grosso peccato commesso. Il Conte morì, però, proprio mentre il Papa veniva da Roma per benedire la chiesa. La notizia della morte fu taciuta, dalla consorte del conte, al Papa, per paura che questi cambiasse idea e non venisse per la consacrazione. Appurata la verità ed infastidito della cosa, il Papa maledisse la cognata presagendole una atroce morte. Un serpente le avrebbe roso il cervello. La Contessa supplicò di perdonarla o, non potendo evitare la maledizione, almeno che questa si avverasse dopo la morte. Sperando di eludere l’anatema si fece costruire una tomba nel duro marmo, ma il serpente penetrò ugualmente e la profezia si avverò. Questa leggenda forse si ricollegava alla venuta in Calabria del Papa Callisto II.